Spiegare il Ventaglio del Presidente

La cerimonia del Ventaglio è stata istituita nel 1893 a seguito di un singolare episodio tra l’allora Presidente della Camera Giuseppe Zanardelli e la tribuna stampa che, nei primi giorni di luglio, vedeva molti giornalisti forniti di ventaglio per combattere il caldo. Il Presidente, esprimendo la propria invidia, diede lo spunto ai giornalisti per regalarne uno. Sono passati oltre cento anni e l’idea del dono di un ventaglio, come sigillo alla fine dei lavori istituzionali prima dell’estate, si è esteso anche al Presidente della Repubblica e al Presidente del Senato. Dal 2002 la cerimonia è organizzata dall’ASP (Associazione Stampa Parlamentare) in collaborazione con Accademia di Belle Arti di Roma attraverso un concorso pubblico rivolto agli studenti delle Accademie Italiane con la supervisione dei loro insegnanti.

La partecipazione al concorso nasce come una sfida, una scommessa sui talenti dell’Accademia di Belle Arti di Lecce accompagnati a confrontarsi con un premio singolare come quello del Ventaglio del Presidente. La singolarità del concorso consiste in un premio in denaro e nell’invito a partecipare alla Cerimonia del Ventaglio che si svolge per ognuna delle tre più alte cariche dello Stato Italiano. Infatti, il concorso premia tre ventagli assegnandoli al Presidente della Repubblica, al Presidente del Senato e al Presidente della Camera.

Da un punto di vista delle probabilità, tre anni fa, ero decisamente svantaggiata. Mettere in fila il premio del Ventaglio per i Presidenti di Senato (2016), Repubblica (2017) e Camera (2018), in tutta sincerità, era incalcolabile, ma la vita artistica è talmente imprevedibile che la tentazione  formativa, di provare a distillare una serie di progetti adatti al concorso, ha prevalso sul calcolo numerico. Nella quotidianità dell’attività didattica, anno dopo anno, si è attraversati dalle esperienze ripiegate della vita degli studenti e alcune di queste esperienze trovano una risonanza con il mio vissuto.

Quando si parla di arte, vita e rappresentazione sono in combinazione simbiotica determinando uno spettro di tematiche e produzioni ampio almeno quanto la popolazione studentesca della mia Accademia. Come aveva fatto intendere Clarissa Pinkola Estés, dalle opere dei nostri studenti, quello che emerge è una mappa del presente consegnata alle generazioni future.

Rileggendo i titoli dei tre ventagli – «L’Italia che vorrei» «Lavoro Valore Dignità» «Attraversamenti» – si percepisce il criterio di selezione che viene compiuto, in cui si premiano opere di resistenza o di denuncia rispetto ai temi caldi della politica, con l’intenzione di ricordare costantentemente il ruolo  fondamentale della libertà d’espressione nella società contemporanea.

Per uno studente dell’Accademia, candidato a essere etichettato “giovane artista”, la libertà d’espressione è un concetto che si materializza in composizioni che, prima di diventare opere esponibili pubblicamente, sono parte integrante del proprio vissuto intrecciato a scuola, famiglia, amici, comunità locali e comunità virtuali.

Molte di queste composizioni sono il prodotto dei corsi accademici, la maggior parte sono il frutto della personale ricerca di riconoscimento nel variegato mondo dell’arte. Un processo, quello del riconoscimento, che non ha più regole prefissate perchè lo stesso mondo dell’arte è in continua trasformazione. Diventa importante imparare a “navigare a vista”, fidarsi dell’istinto e persistere su un progetto quando attiva una buona vibrazione che si trasforma in risonanza armonica.

Il tempo dell’ascolto, durante le ore di lezione, è limitato.

Con una proposta di attività extradidattica ho voluto creare uno spazio di sperimentazione multidisciplinare in cui avviare processi di decodifica delle tematiche del singolo studente e di creazione di un’opera in cui, magari dovendo percorrere sentieri inesplorati, si accompagna lo studente nelle “proprie” fasi di produzione che variano così come variano i materiali delle composizioni.

Ognuno dei progetti, presentati nel corso dei tre anni, mette in luce le diverse capacità tecnico-costruttive degli studenti e un’attenzione, in parte orientata dal concorso, a temi vitali e vibranti della società contemporanea.

Le descrizioni delle opere sono state concepite come lettere indirizzate da un libero cittadino al potente in carica in quel momento.

Cristina Bortune ha scritto nel 2016 al Presidente del Senato Pietro Grasso:

«L’Italia che vorrei è una terra unita, che accoglie il prossimo, dandole valore, speranza e dignità. L’Italia che vorrei, non ha sesso, non ha colore, e non guarda l’amore tra due donne o due uomini con occhi di rimprovero. L’Italia che vorrei è una madre che investe sui propri figli, dà loro voglia di crederci e l’opportunità di un domani sereno».

Cristina Panarese ha scritto nel 2017 al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Il lavoro è la costituzione della nostra repubblica. Quando il lavoro viene meno, le fondamenta scricchiolano. Il lavoro dorato del pensiero si annoda con il cantiere della fatica nella speranza di un riequilibrio del valore e della dignità del corpo».

Raha Vismeh ha scritto nel 2018 al Presidente della Camera dei deputati Roberto Fico: «I segni pittorici sono voci che cristallizzano il ritornello della storia. La figurazione delle scarpe mette in relazione diverse modalità di percorrere lo spazio, dal pellegrino al turista o al vagabondo, risvegliando un senso di comune appartenenza al pianeta Terra, ben oltre le partizioni delle frontiere culturali, politiche e geografiche».

Queste parole, insieme alle immagini di rito della Cerimonia, hanno attraversato il main stream per qualche istante e sono sempre rintracciabili nei siti istituzionali come pietre su cui inciampare per crescere e credere nel futuro.

L’elemento extra-didattico del mio progetto tende a spostare l’attenzione da una matrice formativa verso una matrice curatoriale, dove è importante riuscire ad ascoltare ed elaborare insieme le esigenze del concorso e la sensibilità artistica dello studente.

 

 

Il dispositivo “ventaglio” permette di definire uno spazio di rappresentazione unico e insindacabile in cui si materializzano le idee compositive. Il messaggio che lo studente intende trasmettere con il ventaglio scaturisce da una serie di riflessioni sia sui materiali che si intendono utilizzare, momento in cui emerge la mia sensibilità verso il riciclo, e sia sui temi della propria ricerca espressiva, dove spesso intervengo con proposte tangenziali ma coerenti al concorso come anniversari e attualità in senso lato.

L’intenzione curatoriale si esplicita in un punto cruciale, del processo creativo del ventaglio, in cui non si insegna “qualcosa” ma si chiede allo studente una “cosa” che sa “fare” bene, da utilizzare come carburante per il “motore” delle idee. Naturalmente è utile esplorare anche le idee che non si possono realizzare nei tempi stabiliti, ma è necessario catalizzare la tensione creativa su quei messaggi che possono prendere forma con quello che “già si possiede” in termini di fattibilità. Con questa condizione iniziale, si riesce da un lato a cooperare con una rete di persone, dentro e fuori l’accademia, che mettono a disposizione strumenti nella produzione di un’idea per il ventaglio del Presidente, e dall’altro ad approfondire insieme allo studente le competenze acquisite, fino a quel momento, in una determinata pratica curriculare (pittura, grafica d’arte, scultura, decorazione, scenografia).

La mappa delle opere realizzare in questi tre anni disegna una porzione della psicogeografia dell’Accademia di Lecce e dei suoi studenti (una popolazione di circa seicento giovani per la maggior parte salentini, anche se non mancano casi di integrazione con studenti europei e da altri paesi del mondo). La porzione interessata riguarda i partecipanti al progetto extra-didattico che, rispetto al mio spirito decubertiano, sono riusciti a realizzare le proprie idee nei termini stabiliti dal concorso “Ventaglio del Presidente”.


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Francesco Vitiello, Lecce

Landscape, punta secca oro ed acrilici su policarbonato

Una vista a volo di uccello su un panorama italiano, come si vede dal finestrino di un aereo, movimento d’aria e memoria del territorio, in mano ai rappresentanti massimi dello stato.

 

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Marilina D’ambrogio, Francavilla Fontana (Br)

Terra mia, cutter su carta e corteccia d’ulivo

L’intreccio delle radici delle piante diventa sublime quando si contempla l’albero dell’ulivo, parte integrante della vita italiana al punto da essere, insieme al leccio, simbolo nello stemma della Repubblica Italiana. Qui le radici si fanno memoria di un passato che sta scomparendo ad una velocità inaspettata. Un monito a guardare indietro per meglio procedere avanti.

 

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Cristina Bortune, Corsano (Le) – Vincitrice Ventaglio del Presidente del Senato 2016

L’Italia che vorrei, ricamo su stoffa

L’Italia che vorrei è una terra unita, che accoglie il prossimo, dandole valore, speranza e dignità. L’Italia che vorrei, non ha sesso, non ha colore, e non guarda l’amore tra due donne o due uomini con occhi di rimprovero. L’Italia che vorrei è una madre che investe sui propri figli, dà loro voglia di crederci e l’opportunità di un domani sereno».

 


2017

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Gilda Bellino, Policoro (Mt)

Camera Rosa, tre linoleografie a rappresentare il ritratto di Laura Boldrini stampato su broccato.

In Italia le donne hanno avuto diritto al voto solo nel 1946, prima la loro opinione politica era praticamente nulla. Le donne hanno dovuto conquistare la propria libertà, hanno combattuto per essere ritenute di pari dignità rispetto agli uomini, hanno lottato per qualcosa che spettava loro di diritto come votare ed essere votate.

 

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Valentina Faggiano, Salice Salentino (Le)

Resilienza,  linoleografia della parola resilienza e pizzo burano applicato su cotone

Se l’Italia, come il mondo intero, ha attraversato un profondo periodo di crisi, allora è necessario evocare a chiare lettere il concetto di resilienza. La resilienza è per un materiale la capacità di assorbire urti senza rompersi, ed è per gli esseri umani l’ingrediente per superare momenti di difficoltà.

 

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Jing Jing  Feng, Shan Dong (Cina) – Menzione speciale 2017

1861 d.C., origami composto da elementi in carta bianca

Milleottocentosessantuno origami, ognuno per ogni anno dopo la nascita di Cristo, fino all’Unità d’Italia. Una fitta trama a memoria di una grande storia fatta di splendore e pazienza, di conoscenza delle regole nascoste dei numeri e delle parole affidate alla combinazione. Dall’oriente della lingua pittografica un ventaglio che parla in silenzio.

 

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Mariangela Martinelli, Policoro (Mt)

In 3 C, punto a catenella eseguito con fili e cavi elettrici

I fili che intrecciano il ventaglio sono il fondamento della modernità. Su questi fili correvano le speranze del progresso luminoso e gli echi di voci lontane. Sugli stessi, oggi, fluiscono le informazioni digitali di una nazione che guarda alla creatività, alla cooperazione e alla condivisione.

 

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Daisy Peluso, Brindisi

L’Eco d’Italia, elaborazione digitale di un’ecografia della geografia italica

L’Eco d’Italia racconta una meravigliosa storia che parla di lotta, di rivincita, di uguaglianza ma soprattutto di libertà. E inizia proprio nel momento successivo a questa immagine, l’ultima ecografia prima del parto avvenuto il 2 giugno 1946. Allo stesso modo in cui le cellule si fondono una con l’altra per dar vita a un organismo completo e funzionante, così le regioni si uniscono tra loro, con i loro doveri e diritti, dando vita alla Repubblica.

 

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Cristina Panarese, Maglie (Le) – Vincitrice Ventaglio del Presidente della Repubblica 2017

Lavoro Valore Dignità,  sovrapposizione di rete di protezione per l’edilizia e foglia oro.

Il lavoro è la costituzione della nostra repubblica. Quando il lavoro viene meno, le fondamenta scricchiolano. Il lavoro dorato del pensiero si annoda con il cantiere della fatica nella speranza di un riequilibrio del valore e della dignità del corpo.

 

2018

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Valeria Pizzigallo, Martina Franca (Ta)

STATO intermedio, monotipo

Quando i bambini imparano a saltare riescono a creare e condividere un nuovo ordine topografico, ridisegnando la percezione dello spazio in modo fantastico e intuitivo. Nell’opera STATO intermedio il punto di osservazione della terra si colloca a qualche decina di metri di altezza, osservando la lenta e progressiva organizzazione delle geometrie umane che dominano sulle forme naturali ed organiche, laddove l’innocenza dei piccoli cede il passo alla gerarchia e all’ordine sociale.

 

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STATO di salute, pannello mdf, foglie di fico d’india e colore di carrozzeria

Attraverso un’ambiguità formale tra elementi vegetali (l’opuntia ficus-indica) e biomorfismi vascolari, l’opera allude al tentativo di ricomporre in modo organico ed armonioso il drammatico STATO di salute delle risorse naturali e culturali del pianeta. Affinché questo si realizzi è fondamentale non abbassare il livello d’allarme che minaccia le più recondite bellezze della natura.

 

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Sara Za, Parabita (Le)

Se ci fosse uno spiraglio, gutta su seta

Dalla lettera calligrafica indirizzata dall’On. Aldo Moro all’allora Segretario della Democrazia Cristiana, Benigno Zaccagnini, è estratto un passaggio di scrittura, ingrandito e decalcato su seta. La fragilità dell’animo umano si riverbera inseguendo le linee di senso nella forma delle parole. Dieci giorni dopo il corpo senza vita del Presidente del Consiglio Moro sarà ritrovato in via Caetani.

 

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Silvia Cappello, Maglie (Le)

P-618, scheda microcircuiti elettronici, smalto rosa P-618 (detto Baker-Miller)

Seattle 1979: Alexander Shauss individua in una particolare sfumatura di rosa il potere di sedare stati di agitazione umana, specie in condizioni di forte stress emotivo. Nell’opera P-618, il colore ricopre integralmente una “pelle” sintetica fatta di microcircuiti elettronici, alludendo al tentativo della tecnologia informatica e dei sistemi integrati di produrre meccanismi di controllo e interferenza sul comportamento individuale e collettivo.

 

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Anna Dormio, Monopoli (Ba)

Shooting sky, plexiglass, foto istantanee, spari

La visualizzazione degli scontri bellici captati e raccontati pervasivamente attraverso i canali massmediatici si materializza nelle istantanee fotografiche analogiche, pronte a trasmettere l’urlo silenzioso di chi sta premendo il grilletto e l’esplosione fragorosa dello sparo.

 

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Raha Vismeh, Arak (Iran) – Vincitrice Ventaglio del Presidente della Camera 2018

Attraversamenti, olio su tela

I segni pittorici sono voci che cristallizzano il ritornello della storia. La figurazione delle scarpe mette in relazione diverse modalità di percorrere lo spazio, dal pellegrino al turista o al vagabondo, risvegliando un senso di comune appartenenza al pianeta Terra, ben oltre le partizioni delle frontiere culturali, politiche e geografiche.

 


Come possiamo notare, siamo di fronte ad una schiera di “giovani artiste” piuttosto che di “giovani artisti”. Non per una rivendicazione tardo femminista, ma per una pura evidenza numerica. Le “giovani artiste” dell’Accademia di Lecce rappresentano una fetta dell’arte contemporanea, nel senso di vite in relazione ad uno stesso tempo storico, che sta elaborando con consapevolezza le problematiche del post-moderno. L’occasione di parlare direttamente alla Politica, attraverso un ventaglio, permette di aprire la mente sulla condizione della “percezione” nell’era del diluvio di informazioni digitali che interferiscono quotidianamente sulla formazione dell’individuo e della società.

Rievocando le parole della curandera Clarissa Pinkola Estés, le nostre “giovani artiste” sono “donne che corroni coi lupi”, dove il lupo diventa per me la metafora perfetta per identificare il concetto di “Meridione” in relazione alla condizione della donna.

La mia generazione, quella del dopoguerra, è cresciuta in un’epoca in cui la donna era trattata come una bambina e come una proprietà. Era tenuta come un giardino incolto… La danza era appena tollerata, forse, e perciò danzavano nella foresta, là dove nessuno poteva vederle, o nel seminterrato, o mentre andavano a buttare la spazzatura. L’ornamento della persona suscitava sospetto. Un corpo felice o un vestito accrescevano il pericolo di subire un torto o di venire aggredite sessualmente. Così, come tante donne prima e dopo di me, ho vissuto la mia vita come una creatura travestita. Come amiche e parenti prima di me, mi sono pavoneggiata su tacchi a spillo e ho indossato l’abito buono e il cappello per andare in chiesa.

Interpretando i palazzi del Quirinale, Montecitorio e Giustiniani, sedi rispettivamente della Predisenza della Repubblica, della Camera e del Senato dello Stato Italiano, come chiese laiche e armonizzando con il “pavoneggiamento” sociale, di cui si è immuni soltanto se lo si assume a piccole dosi, insieme alle vicintrici abbiamo indossato l’abito buono per varcare le soglie della politica italiana.

Quando poi si ritorna alla quotidianità, lontani dai protocolli delle alte cariche, la vita accademica credo debba incrementare gli sforzi per rendere ancora più significativa l’esperienza di partecipare al concorso del Ventaglio. In questo senso, questa riflessione vuole essere un contributo non solo di memoria dell’evento, ma di approfondimento sulle pratiche creative messe a punto fino a questo momento. Il lavoro da fare riguarda, pertanto, sia gli aspetti di completa documentazione e condivisione online delle opere partecipanti, sia gli aspetti critici in cui la ricerca di un tema per il ventaglio può dare una sferzata alla produzione artistica dello studente.